“Sentivo sulla mia pelle l’umiliazione di essere accucciata sotto un tavolo. Sentivo nella mia carne il sopruso della telecamera che frugava il nostro corpo. Soltanto attraverso la comprensione profonda, e di conseguenza l’assunzione totale della vergogna e del dolore per come eravamo rappresentate, sarebbe stato possibile scrivere un testo per stimolare domande, per educare e finalmente cambiare.”
Questo è quello che scrive l’autrice a proposito del suo libro, che all’origine è stato un documentario tradotto in sei lingue prodotto con Cesare Cantù e Marco Malfi Chindemi. Venticinque minuti di documentario, di osservazione del corpo della donna che è diventata ormai un oggetto mass-mediatico, una pedina della tv. Il libro ci presenta l’immagine della donna, una donna che nel mondo dello spettacolo ha perso la sua verità per vestire i panni di una donna artefatta, volgare, triste, umiliante. La Zanardo racconta l’interesse che ha suscitato questo documentario, ai tempi in maniera inaspettata, e ci presenta una nuova immagine della donna fuori da stereotipi di sorta. Non la donna oggetto, statuetta, solo gambe e tacchi a spillo, ma una donna che al pari delle Europee si da dà fare, si mette in gioco. Interessante rilevazione sociologica che termina con l’acuta riflessione che la soluzione non è spegnere la tv, ma avere consapevolezza nel guardarla, quella che manca a molti, troppi.
Per chi voglia vedere il documentario: https://www.youtube.com/watch?v=EBcLjf4tD4E